Tutta la verità sulla questione del verde da primato

22 Agosto 2021
Sono anni che va avanti la storia mendace di Matera città più verde d’Italia.
Bisogna dirlo, non per amore di polemica, ma per affermare quel principio caro all’urbanistica che persegue la qualità della vita dell’individuo quale parte integrante di una comunità nel suo naturale territorio di appartenenza.

È necessario tenere a mente i dati del verde urbano, quello della vita quotidiana, ovvero altra cosa da quello che invece urbano non è, come i parchi extraurbani. Utile potrebbe tornare il riferimento al Regolamento urbanistico approvato lo scorso aprile per affermare senza timore di smentita alcuna che quanti si aspettavano un sostanziale alleggerimento dei carichi edilizi, non ha potuto fare a meno di esprimere la propria delusione.

Lo ha ammesso anche il pianificatore in Commissione urbanistica e lo ha ripetuto in aula, al momento del dibattito, che abbiamo perso il 10 per cento del verde urbano. Non è poco, perché al suo posto ci sarà nuovo cemento, ovunque.

Cosa è successo? Per pareggiare i conti sono stati conteggiati circa 351.000 metri quadrati di verde locale in più, che risultano recuperati dalle aree intorno ai borghi rurali.

In termini di buona divulgazione ed estrema sintesi, il verde urbano o pubblico non è altro che il polmone verde della città. Nella maggior parte dei casi si tratta di piccoli spazi o porzioni del tessuto urbano dominate dal verde e dalla natura. A questa definizione possono corrispondere anche i parchi, purché compresi nel perimetro urbano, ma anche aiuole, viali alberati, aree spartitraffico piantumate. A proposito di alberi e riscaldamento globale, forse è il caso d’implementare al massimo la loro presenza e magari ricordare che non esiste nessuna tecnologia che sia complessa e perfetta come quella di un albero.

Sono esseri viventi che non hanno la possibilità di muoversi e dunque hanno sviluppato strategie estremamente sofisticate per sopravvivere. Vivono a lungo, in modo pacifico, e possono aiutarci a stare meglio: la loro ombra rinfresca le nostre giornate estive, aumentano l’umidità dell’aria e dunque abbassano la temperatura, assorbono l’anidride carbonica e le polveri sottili, temi attuali di cui il nuovo strumento urbanistico dovrà tenere debito conto nell’elaborazione di una visione futura in rapporto al territorio di riferimento e a ulteriori spinte al consumo di suolo.

Siccome a luglio sono già stati stanziati 250 mila euro per iniziare a muovere i primi passi verso il nuovo piano regolatore, oggi definito Piano Strutturale, bisognerebbe considerare che se il riscaldamento globale aumenta in misura esponenziale, non si potrà certo pianificare il territorio come si faceva in passato, anche il modo di immaginare le città future dovrà cambiare.

A questo proposito, ecco gli ultimi dati sul consumo di suolo in città. Per comprendere ciò che è accaduto negli ultimi decenni basta confrontare i dati con il Piano regolatore di Luigi Piccinato del 1975. A conti fatti, sono stati divorati circa 1.530.651 metri quadrati di verde, parcheggi e servizi.

Il Piano del 1975 prevedeva circa 2.669.094 metri quadrati di verde, parcheggi e sevizi collettivi; l’attuale piano regolatore del 2007 dispone di circa 1.138.442 metri quadrati di verde, parcheggi e sevizi collettivi; negli ultimi decenni la speculazione edilizia si è divorato circa 1.530.651 mq di verde, parcheggi e servizi collettivi. Un trend di puro consumo che va radicalmente rivisto.
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