Zona Paip, triste metafora di tempi avari

Rilancio o declino della zona Paip, l’area artigianale della città estesa lungo la strada diretta al borgo La Martella? Questione che si trascina già da qualche tempo e tornata di colpo d’attualità per via del regolamento urbanistico, approvato definitivamente l’11 marzo del 2021. Nella sua rilettura, durante i mesi scorsi, sono infatti emersi alcuni errori di valutazione: scelte che, in realtà, venivano da lontano. Tentazioni mai tramontate che rischiano di travisare lo spirito pionieristico delle origini, ormai lontane nel tempo, benché dopo quattro decenni assicurino il lavoro a oltre 1300 addetti.

La discussione su questa importante area del territorio si è riaccesa intorno alla scorsa primavera e alcune soluzioni sarebbero potute maturare molto prima delle imminenti festività natalizie. Non è il caso di addentrarsi nei meandri dei dettagli tecnici, ma di non cedere neppure a un certo trionfalismo di maniera, ben sapendo che la macchina della propaganda è indipendente dai fatti, soprattutto quelli meno evidenti, che sono politici e non solo tecnici.

I tentativi di mettere le mani sulla città ci sono sempre stati e, purtroppo, non è escluso che ci saranno ancora. Ma, nel caso specifico del Paip, inutile disconoscere gli svariati aspetti positivi che si sono concretizzati nella realizzazione di un’area da destinare alle attività in cui esprimere compiutamente la creatività d’impresa, specialmente quella a conduzione familiare, che solo chi non conosce la storia della città può negare.

Se emerge comunque una morale da questa vicenda, andrebbe doverosamente ricondotta a chi vuol vivere il presente prendendo come riferimento il buono del passato, magari per costruire un futuro migliore. Il presente, invece, è troppo spesso senza memoria, costretto a ripegarsi sui sentieri angusti del giudizio inesorabilmente superficiale, vuoto, privo di prospettiva. Non si può immaginare una trasformazione del Paip alla stregua di un’area urbana qualunque. Apparenze a parte, non è quindi escluso che il rimedio escogitato in emergenza si riveli peggiore del danno. Si poteva agire per tempo all’errore già da mesi.

Ma poi, era davvero involontario il presunto errore che prevedeva la realizzazione di alloggi collettivi, dove una simile soluzione avrebbe stravolto per sempre la vera natura del Paip?

Nel transfert psichico si tende a capovolgere la realtà e a scaricare sugli altri i propri sensi di colpa. Si tratta di nascondere l’evidenza fattuale a oltranza, anche in presenza di un dato inoppugnabile, ovvero che tre Ordini professionali hanno sconsigliato il percorso della variante "semplificata", quella approvata last minute, in zona Cesarini, raccomandando il ripristino di una più corretta variante normativa "classica".

In una chiarissima audizione in Commissione consiliare, presente il pianificatore, ben tre Ordini professionali, meglio ribadirlo, hanno indicato un percorso certo e non orientato a seguire la traiettoria pericolosamente spinta sul terreno sdrucciolevole di una precarietà che è tutta insita nell’esaltazione terminologica della "semplificazione".
Con autentica dedizione, hanno convinto ancora di più alcuni operatori del Paip della prima ora, specialmente le loro preoccupazioni sono risultate sincere, molto meno le procedure "semplificate" dell’ultima ora.
Per il resto, ovvero chi ha puntato i piedi, l’impressione è che quando un sistema inizia a sgretolarsi si nega sistematicamente l’evidenza, di contro, la voce di pochi al comando diventa la "Pravda", ovviamente simulacro e perfetta metafora semantica del suo contrario, altro che verità.

Costruire una cortina di ferro intorno al cerchio magico che guida le sorti municipali appare in cima agli affanni di una politica avara di passioni. Insomma, va tutto bene, specialmente se lo suggerisce il solito selfie, ossessione nota ormai perfino tra gli osservatori più distratti, proprio come la propensione di chi infantilmente si è più volte ripiegato a praticare i meschini giochetti dei falsi profili su Facebook e dintorni pur di alimentare artificiosamente il consenso, altra evidente metafora di una cortina, ma di latta. E così, per pigrizia, l’incredibile finisce per valere più del vero ed è più comodo da credere.

Per tutto ciò che è credibile, invece, c’è sempre tempo, e mentre attende pazientemente di essere compiutamente conosciuto, intanto, il provvisorio imperversa in buona compagnia della "semplificazione", propensione riduttiva, eppure sempre utile al controllore di turno, anche del più fragile.

Pasquale Doria
Matera Civicaimage
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