Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi: troppe contraddizioni

Il movimento politico Matera Civica interviene sul tema della ricerca riguardante il sito per il cimitero nazionale della fallimentare stagione nuclearista italiana e spiega le ragioni per le quali bisogna opporsi, ora, da subito all’indicazione dei siti idonei che riguardano il nostro territorio.

Nella disciplina del Decreto legge n.31 del 15 febbraio 2010 il Governo ha previsto la localizzazione del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, nonché le relative procedure autorizzative. Al Comma 1 lettera E dell’articolo 2 del citato Decreto sono specificati ulteriori aspetti concernenti “il deposito nazionale destinato allo smaltimento definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie". Ma anche "dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all’immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato proveniente dalla pregressa gestione di impianti nucleari”.

Quanto ai rifiuti ad alta attività, nell’espressione “immagazzinamento a titolo provvisorio di lunga durata” si coglie immediatamente un’ambiguità lessicale che non può essere tralasciata, specialmente se consideriamo il significato reale di provvedimenti provvisori che ben conosciamo a livello locale e nazionale, dove spesso il provvisorio è sinonimo di definitivo, figuriamoci quelli di lunga durata.

Come è noto, lo scorso 5 gennaio è stata desecretata la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi) alla localizzazione delle scorie radioattive. Si stabilisce anche che la fase d’informazione e consultazione è di 60 giorni dalla pubblicazione della Carta. Seguirà una negoziazione con gli enti locali fino all’individuazione del sito, ma se prima non ci saranno manifestazioni d’interesse, e quindi sarà impossibile raggiungere un’intesa con gli enti locali, il Governo deciderà unilateralmente e di autorità in quale sito dovrà essere realizzato il Deposito nazionale. Ammettiamolo, 60 giorni, alla luce delle problematiche sorte a valle dalla crisi pandemica che stiamo vivendo su scala planetaria, sono davvero pochi e, intanto, 15 sono già trascorsi, volati.

Chiaramente, poi, la Carta indica già quali sono le aree escluse. L’elenco è lungo e, per esempio, il parametro numero 11 esclude le aree naturali protette identificate quali parchi nazionali, interregionali, regionali, riserve naturali, siti d’importanza comunitaria di cui il territorio, specie quello a cavallo con la vicina Puglia, è particolarmente ricco, senza contare che Matera è città Unesco dal 1993.

Responsabile delle attività finalizzate alla localizzazione del sito è la Sogin spa, che è anche responsabile degli impianti presenti sul territorio nazionale. La Carta include una proposta di ordine d’idoneità che non va inteso come una classifica delle aree in termini di sicurezza, ma come strumento utile per i successivi adempimenti. In questo ambito, la Sogin precisa che l’ordine di idoneità verrà utilizzato soltanto nel caso in cui dovessero essere avanzate più candidature alla localizzazione del Deposito nazionale da parte degli enti locali il cui territorio è indicato dalla Carta.

E tuttavia, l’articolo 27 del decreto legge già citato in premessa, il numero 31 del 2010, non indica nel testo una definizione del termine “idoneità”. Emerge un’ulteriore condizione d’incertezza che non può essere archiviata. Tanto più che la legge non stabilisce quali e quante caratteristiche tecniche, economiche, ambientali e sociali siano da prendere in considerazione e come valutarle. Insomma, stando così le cose, appare evidente che qualsiasi modello di classificazione si decida di adottare finirà per comportare un certo grado di soggettività, in termini di scelta di parametri di classificazione e delle necessarie interpretazione dei dati a disposizione.

Sono solo alcune della ragioni che inducono a una pacifica mobilitazione con l’obiettivo che le aree della Basilicata e della Puglia non compaiano tra le aree idonee indicate dalla Carta dello scorso 5 dicembre.

Per concludere, un’ultima osservazione. Lo spostamento delle scorie nucleari comporta rischi alla salute umana per i territori che verranno attraversati e richiedono infrastrutture adeguate per il trasporto e dell’assetto idrogeologico complessivo. Sulla criticità di questo fattore neppure il più distratto dei materani potrà dire o fare finta di non aver capito.

La vulnerabilità della nostra viabilità e rete di trasporti è ormai leggenda.
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