Cimitero radioattivo, no secco e il Comune si costituisca legalmente

image19 Dicembre 2023
Si erano fatti avanti alcuni piccoli comuni del nord. Sono di colpo spariti, chissà perché. Ora, non compaiono più nella mappa che individua il sito unico di scorie radioattive dello Stivale. Di contro, osservando i siti e i territori che ci riguardano più da vicino, torna alla mente una battuta tipica dei film d’azione: “Arrendetevi, siete circondati”. Difficile, tuttavia, pensare che i lucani si consegnino silenti alla scellerata ipotesi di cimitero radioattivo d’Italia o che, abbocchino a promesse che, sfidando i secoli, potrebbero condannare i nostri territori a pattumiera nucleare del Mediterraneo per sempre.

Come stanno le cose? Detto in breve, non solo le aree individuate a livello nazionale, ma anche altre, parliamo di enti territoriali e locali, possono presentare la propria auto candidatura. Si tratta di firmare una pesante ipoteca con il futuro, senza considerare che significherebbe accogliere sotto casa un deposito per la cui sicurezza non c’è polizza che tenga.

Il tutto dovrà avvenire entro il prossimo 12 gennaio. Considerate le incombenti ferie natalizie, la minaccia non è trascurabile. È solo questione di giorni e corriamo il rischio di trasformarci in ospitali contrade votate a una stagione che sembrava ormai alle spalle, anche perché nel nostro percorso nucleare tricolore sono state protagoniste specialmente alcune zone settentrionali del Paese, dove insiste l’80 per cento della radioattività legata alle scorie Made in Italy e dove più fitti sono i sistemi di controllo. Adesso, cosa si nasconde dietro l’angolo, larvati tentativi di scaricare tutto al Sud?

A maggior ragione, sarà il caso di esprimere una serie di dinieghi chiari e inequivocabili, a partire dalla Regione e da tutti gli enti locali lucani, nessuno escluso. Urge un’azione corale anche per la ragione che, a scavalco, le decisioni potranno essere prese direttamente dal ministero della Difesa, con tanti saluti alla volontà delle popolazioni interessate.
Doni mortali che i lucani rifiutano da tempo, considerato che non sono mancate osservazioni precise nel merito, in particolare, l’ultimo diniego del Comune di Matera approvato all’unanimità (primi firmatari i consiglieri Pasquale Doria e Michele Paterino) risale allo scorso 13 settembre. Ma per questa decisione, come per quella precedente del 2021, i materani non hanno registrato alcun riscontro, neanche per sbaglio, nonostante lo prevedano precisi obblighi di legge.

Se la questione non verrà ridotta a mera propaganda elettorale dai soliti personaggi a caccia di visibilità, è necessario adottare serie misure conseguenti e sollevare la possibilità di adire alle vie legali. Si tratta di contestare la mancata risposta alle osservazioni presentate nell’ambito della consultazione per l’individuazione delle aree del deposito di scorie. Nessuna presa di posizione scomposta, piuttosto il meditato e pacifico ricorso alle norme esistenti, infatti, l’articolo 27 comma 3 del dlgs 31 del 2010 stabilisce la preventiva consultazione pubblica da svolgersi nel rispetto dei principi e delle previsioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.

A questo punto, oltre al sostegno delle vigenti normative, in termini molto più chiari è nota da anni la volontà del Comune di Matera e degli altri enti locali lucani, tutti sulla stessa lunghezza d’onda. Sarà il caso che questa coscienza comune trovi il conseguente coagulo in una sola voce intorno al Tavolo regionale della trasparenza. Allora, venga convocato al più presto, va bene anche a Scanzano, comune simbolo delle decisioni calate dall’alto nel 2003 senza coinvolgere le popolazioni, così da non rimandare a un domani indefinito le attese attività di altre questioni irrisolte da decenni, a partire dallo smantellamento del centro Sogin della Trisaia, in riva allo Jonio lucano.

Pasquale Doria
Matera Civica
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